Foto e testo di Filippo Tosi
Oddio, son tornate le tute bianche di Casarin, ho pensato. Ma dietro quel muro non c'era una centrale atomica da contestare. E poi lo stavano scrostando con flemma, quel muro, mica prendendo d'assalto. Avrei potuto chiedere, ma le domande snaturano sempre una scena. Una situazione fotografica è come un'apparizione divina, non devi mai parlarle. Lascia che sia lei a parlarti. Osservala e ritieniti fortunato se riesci a portartela via nella gabbia della tua macchina. La libererai a casa. E così ho sottratto l'anima e i corpi a quei men in white per trasferire la mia curiosità alla vostra. Che stavano facendo a parte scrostare un muro? Possibile che fossero così imbacuccati e mascherati per paura delle polveri grossolane generate da un vecchio muro in quella cittadina forse non esente da polveri sottili? Avrei voluto chiederglielo, ma avevo paura di distrarli dalla delicata missione cui erano intenti. Ho pensato anche che fingessero di lavorare. Ricordandomi di ET, il piccolo extraterrestre di Spielberg e degli agenti del governo che gli davano la caccia catafratti in paurose tute bianche simili a quelle, per un attimo ho pensato che anche costoro fossero dei malintenzionati. C'era una scuola materna con tanti bambini oltre quel muro. Ma quando ho visto apparire una suora, ho pensato che era tutto in regola: men in white e women in black, che centravo io con loro? Quel giorno avevo deciso di fare solo foto a colori.
Fidenza, lavoratori in bianco (sette foto)